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Qualche accenno di biologia su come ottimizzare un cultivo

noreason

Natural born Grower
ICMag Donor
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Con questa discussione vorrei provare a spiegare, fare chiarezza su alcune dinamiche fondamentali del mondo vegetale, sopratutto a chi si sta avvicinando al mondo della cannabis ma anche alla coltivazione in generale, vuoi che siano fragole o sequoie.

Negli anni ho spesso notato che una buona parte di coltivatori, si affida ad una miriade di prodotti più o meno efficaci, senza comprenderne davvero la loro funzione. Nel contempo ho notato e spesso noto ancora, una mancanza di informazione sulle dinamiche biologiche basilari che riguardano la nostra amata pianta e con lei anche la stragrande maggioranza delle altre specie vegetali esistenti su questo pianeta.

Per cui, questo piccolo scritto si pone l’obiettivo di spiegare sommariamente e sottolineare l’importanza di alcune funzioni biologiche della pianta e cosa fare per favorirle al meglio.

Iniziamo parlando del funzionamento base di una pianta, senza scendere troppo nel dettaglio:

Una pianta è un organismo biologico, il cui scopo primario è quello di trasformare ciò che è inorganico (materia non vivente: ad esempio minerali/metalli) in materia organica (ad es: foglie/frutti/semi/fiori/cannabinoidi etc…) sfruttando fondamentalmente un solo meccanismo, ovvero la fotosintesi clorofilliana.
Tutto ciò fa parte e corrisponde a ciò che definisco metabolismo, che varia da specie a specie, e anche da individuo ad individuo appartenenti alla stessa specie e allo stesso cultivar.

Per una pianta, fare ciò che ho appena scritto, è intrinseco nella sua natura. Le informazioni per fare tutto ciò, risiedono in ciò che chiamiamo DNA.

Come tutti sappiamo, ogni DNA è diverso, non ne esistono due identici, per cui alla base di ciò che una pianta diventerà vi è l’informazione base contenuta nel suo DNA.

Ma il DNA non è il solo fattore chiave ad influenzare il metabolismo di una pianta. Un ruolo fondamentale, oltre a quello del DNA, è quello che giocano le condizioni ambientali. Ogni singolo fattore influenza la crescita di un essere vivente, alcuni di più, alcuni di meno.

Per cui, riassumendo, il DNA e i fattori ambientali, sono i diretti e unici responsabili del metabolismo di una pianta, qualunque essa sia, che sia una pianta carnivora o un ulivo.

Perché il concetto di metabolismo è così importante da comprendere? Perché favorendolo si ottimizzano le funzioni biologiche della pianta. Tutto ciò che ci serve per avere ottimi risultati.

Ritorniamo per un attimo al primo aspetto che caratterizza il metabolismo di una pianta, ovvero il DNA.
Spesso non si riesce bene a comprendere il valore intrinseco dell’informazione che un singolo seme si porta dietro, perché non la si vede. Voglio qui dare risalto all’importanza della genetica:
Per avere ottimi risultati è importante lavorare con genetiche di qualità, selezionate da anni da appassionati del settore.
Nei secoli passati, i migliori giardinieri reali, i migliori contadini, o i migliori osservatori, hanno selezionato, incrociato, testato numerose varianti della stessa specie, al fine di ottenere l’individuo migliore per gli scopi prefissati. I nostri supermercati sono ormai pieni di ottimi frutti, verdura etc… ognuno di questi è il frutto di un lavoro di selezione, per dare al consumatore finale un’arancia che sia gustosa, profumata e con la buccia sottile ad esempio.
Questo accade per la stragrande maggioranza di vegetali in commercio. Per altri ad esempio l’intervento umano è stato limitato alla propagazione di ciò che la natura aveva già creato, come per l’avocado di Haas, che prende il nome della persona che scoprì quell’albero dai frutti spettacolari, ne riconobbe le qualità differenti dagli altri avocado e godendo dei vantaggi economici della sua scoperta, lo condivise con il resto dell’umanità. Oggigiorno lo si trova praticamente in tutto il mondo (ovviamente solo nei paesi che possono permettersi l’importazione o nei paesi produttori)

L’importanza del DNA non è mai da sottovalutare, anzi, è il primo fattore da considerare prima di avviare qualsiasi coltivazione. Moltissime aziende oggigiorno lavorano nel settore della selezione e ibridazione. A partire dagli asparagi e la vite (come avviene in Italia) ad arrivare alle orchidee (come avviene a Singapore).
Una volta la selezione la si faceva sul campo, il pollice verde era essenziale, i tempi erano diversi. Oggigiorno la selezione, la creazione di nuovi ibridi etc. avviene in laboratorio, al fine di ottimizzare i risultati, abbreviare i tempi etc… ma il discorso di base è identico. Selezionare ciò che la natura ci offre.

Per continuare il discorso sul DNA, inserendolo nel contesto della nostra pianta preferita, la domanda principale che un coltivatore dovrebbe farsi è: cosa voglio ottenere dal mio cultivo? Punto alla qualità del fiore? alla maggiore presenza di THC o di CBD? E’ più importante per me ottenere un raccolto elevato, oppure ottenere un raccolto magari minore ma con un profumo, un aroma, un gusto in fumata migliore? Voglio delle piante molto vigorose o voglio delle piante magari meno vigorose ma più stabili fenotipicamente?

Ogni seme ha il suo DNA, ogni strain ha le sue peculiarità. Esistono ottimi ibridi che coniugano molti dei migliori aspetti della cannabis, ma per forza di cose non esiste uno strain che sia migliore in assoluto sotto tutti i punti di vista. Per cui, sapere ciò che si vuole ottenere è importante per non ritrovarsi delusi a fine fioritura.

Conoscere lo strain che si sta per coltivare è di fondamentale importanza per prevede i risultati.
Per fare un banale esempio, se voglio delle piante viola, possa comprare dei semi di PakistanCitralKush, selezionati per molteplici generazioni (suppongo) al fine di ottenere piante che mostrassero il viola in buona percentuale, rendendo manifesto un carattere solitamente recessivo del DNA della cannabis, che resta latente e si manifesta poco in natura.
Se compro quei semi però, posso aspettarmi tranquillamente uno scarso vigore, un metabolismo basso, fiori di media qualità, tutti caratteri che la genetica rende manifesti a causa della selezione del carattere viola. Per il breeder, il carattere da selezionare era il viola in primis e purtroppo altri caratteri ‘’vincenti’' sono venuti meno.

Riassumendo, la prima cosa da fare per avere ottimi risultati è coltivare la giusta genetica. Una buona tecnica è informarsi su internet, cercare report di chi ha già coltivato quello strain, usare seed finder per capire meglio la genealogia, o ancor meglio conoscere direttamente i genitori. Una volta fatto ciò e scelto lo/gli strain che si vuole coltivare, si piantano tutti i semi (più sono e meglio è), si prende cloni da tutti, e li si fa fiorire.
Dal gruppo iniziale di 10/20/100 o più individui, si selezioneranno solo ed esclusivamente i migliori. Quelli che mostrano maggiormente le caratteristiche migliori che stiamo ricercando o che più ci piacciono. A questo punto avremo delle ‘’mamme’’ da cui prendere cloni, di cui siamo certi che la qualità finale sia corrispondente a ciò che cerchiamo o che comunque ci si avvicini maggiormente.
Fare tutto ciò è più semplice di quanto si possa pensare, non serve molta attrezzatura e la spesa è esigua. Viceversa i risultati sono molto importanti. E’ una delle cose migliori che un coltivatore possa fare, selezionare la o le piante migliori, e mantenerle in vegetativa per prendere cloni quando se ne ha necessità.

Direi che per quanto riguarda il DNA, anche se sommariamente, dei punti chiave sono venuti fuori, ora passiamo al secondo fattore essenziale per una riuscita ottimale di qualsiasi coltivazione, ovvero le condizioni ambientali.
 

noreason

Natural born Grower
ICMag Donor
Veteran
Condizioni ambientali

Le condizioni ambientali è un espressione che racchiude in sé molteplici fenomeni e variabili della natura, accomunati da un solo aspetto, ovvero l’essere SEMPRE esterni alla pianta.
Ciò che avviene dentro la pianta è dettato dal DNA, che risponde, modificando la sua espressione chimica, ai fattori ambientali ESTERNI.
Per cui, tutto ciò che è esterno alla pianta, rientra nell’espressione ‘’condizioni ambientali’’ che sto usando.

Come ho scritto prima, ogni aspetto dell’esterno influenza la pianta, chi più, chi meno. La pianta è un essere vivente ed anche se diversamente dall’animale, anch’essa risponde agli stimoli.
Cerchiamo di analizzare gli aspetti fondamentali, che più incidono sul metabolismo della pianta: la temperatura.

Temperatura

Ogni essere vivente, appartenente ad ogni regno, vive solo in un determinato range di temperature. Ovvio. Forse si, ma approfondiamo.
Vi sono esseri viventi, il cui range di temperatura che gli permette di vivere è limitatissimo, solo di pochi gradi centigradi. Se la temperatura va sotto, o sopra quel ristretto range, l’essere vivente muore.

Nel caso della cannabis, la pianta riesce a sopportare temperature prossime allo 0 e temperature prossime ai 40° per poche ore.
Ovviamente, il range ottimale per la crescita della cannabis è molto più limitato e si aggira tra i 20 e i 30°C.
A queste temperature le funzioni biologiche sono facilitate. Il freddo invece rallenta il metabolismo come il caldo affatica la pianta, rallentando le funzioni metaboliche primarie o sacrificando tessuti per proteggersi, in entrambi i casi.

Ma il calore esterno non è lo stesso che internamente alla pianta, esterno ed interno sono separati da una barriera. A noi, in questo approfondimento non interessa la T° esterna, perché relativa, prendiamo in considerazione la temperatura interna della pianta.

Se la temperatura esterna è di 40° ma la temperatura interna è di 25° le funzioni biologiche non rallentano. Alla pianta ‘’non interessa’’ quanto fa caldo fuori, alla pianta ‘’interessa’’ solo quanto ha caldo lei. Se la temperatura interna è ottimale, quella esterna conta poco.

Cerchiamo di capirci: per un momento immaginate di essere nel deserto dell’Oman, 45° all’ombra. Avreste caldo e sudereste tanto nel tentativo di raffreddarvi.
Ora immaginatevi nello stesso posto, ma immersi fin poco sopra alle caviglie in dell’acqua a 15°. Credo avreste molto meno caldo, forse riuscireste addirittura a non sudare.
Perché? Perché al nostro corpo gli frega poco della temperatura esterna, a lui importa solo della temperatura interna e fa di tutto per mantenerla entro certi limiti, così come fa una pianta di ganja, sfruttando primariamente la traspirazione, dove l’acqua assorbita dalle radici passa attraverso la pianta assorbendo energia termica (calore) ed evapora dalle foglie sotto forma di vapore acqueo portando via con sé quel calore e raffreddando la pianta, esattamente come funziona la nostra sudorazione.
Immaginiamo l’esempio opposto, vi trovate in Islanda, con temperatura ambientale di -10°C ma siete immersi fino alle ginocchia in una pozza termale a 40°. Pur essendo la temperatura dell’aria molto bassa, il vostro corpo avrà calore sufficiente per riscaldare anche le parti esposte al freddo, questo grazie all’elevata conducibilità termica dell’acqua, che per dare un valore di riferimento è mediamente 27 volte più veloce nel trasferire energia termica rispetto all’aria. Quello che accade con le piante è identico. Quando le radici sono al caldo, la pianta non risente di notti fredde con temperature basse ed il metabolismo non rallenta, ma procede come se nulla fosse.

A questo punto è chiaro che la temperatura INTERNA della pianta gioca un ruolo ESSENZIALE per una riuscita ottimale della coltivazione. Ricordiamo che il valore di T° Esterno è ‘’relativo’’ ma è anche ovvia la stupidità nel poter pensare di coltivare a 40° all’ombra come se nulla fosse. Allora perché mi fermo a sottolineare la temperatura INTERNA di una pianta?
Il perché è facile. Noi possiamo influenzare la temperatura interna della pianta a seconda del tipo di cultivo. Ipotizziamo di separare la pianta in due, vi sono le radici che vivono in un ambiente con condizioni differenti dalla parte aerea della pianta, rappresentata da rami, foglie etc…
Ovviamente radici e parte aerea sono parte di un unico sistema. Raffreddando le radici, raffreddiamo anche la parte aerea. Riscaldando le radici, riscaldiamo anche la parte aerea. Il mediatore di calore è rappresentato dall’acqua presente nei tessuti della pianta, che è un buon conduttore termico e la parte aerea della pianta può raffreddarsi o scaldarsi velocemente grazie ad essa.

Dopo aver spiegato la teoria, passiamo all’applicazione pratica di questi concetti. Per avere il massimo rendimento da una pianta è indispensabile far si che la temperatura interna non esca mai da un determinato range.
Uno degli esempi migliori di come si possa intervenire sulla temperatura interna della pianta è analizzare un sistema di cultivo idroponico come il DWC (deep water culture).
Le radici in questo tipo di sistemi sono perennemente immerse in una soluzione nutritiva. Mantenendo la temperatura della soluzione nutritiva intorno ai 23° in presenza di temperature basse, permette alla pianta di avere una vita rigogliosa senza mostrare il benché minimo segno di rallentamenti nel metabolismo.
Viceversa, mantenere la temperatura della soluzione nutritiva intorno ai 20° in presenza di temperature ambientali alte, permette alla pianta di raffreddarsi efficacemente, senza avere gli effetti collaterali dovuti al caldo. La pianta cresce rigogliosa, i fiori saranno compatti e resinosi come se fosse inverno.

Questo banale accorgimento, permette di coltivare in DWC anche con temperature ambientali superiori ai 30°C (all’ombra e lontano da fonti di calore) e temperature ambientali inferiori ai 15°. So che può sembrare banale e scontato, ma non è così, anche perché pochi coltivatori ragionano in termini di ‘’efficienza di raffreddamento’’, cosa che invece dovrebbe essere alla base della tecnica di cultivo.

Abbiamo appena analizzato i vantaggi che si possono ottenere sapendo sfruttare efficacemente l’energia termica, ma il discorso non si ferma qui. Ancora più importante è cercare di evitare errori nel cultivo non avendo ben presente in mente il meccanismo di raffreddamento e il concetto che vi è dietro espresso fin qui.
L’esempio citato sopra, quello di una soluzione nutritiva che grazie ad un raffreddatore/riscaldatore per acquari viene mantenuta ad una temperatura ottimale per il raffreddamento/riscaldamento della pianta non è ovviamente il caso della maggior parte delle coltivazioni.
Se si sta coltivando in vaso e le temperature notturne sono basse, per evitare di rallentare il metabolismo della pianta, basta ad esempio evitare che le radici rimangano bagnate di notte. Irrigare poco e quando le luci sono appena accese permette di arrivare a sera che il panetto di terra si è asciugato e la pianta non deve far fronte ad una perdita di energia termica 27 volte superiore, come nel caso di un vaso in cui il substrato resta molto bagnato.
Viceversa, quando le notti sono calde si può sfruttare la stessa proprietà dell’acqua e lasciare il panetto bagnato. La pianta cederà calore all’ambiente più velocemente.

Possono esserci innumerevoli esempi, ma il meccanismo alla base resta lo stesso. Influenzare la temperatura interna della pianta, intervenendo sulle radici e sfruttando le proprietà fisiche dell’acqua. In base a questo concetto, si può prevedere se un cultivo avrà successo o meno.

Una grande pianta coltivata outdoor, che lascia andare le proprie radici a fondo nel terreno per svariati metri, ha la capacità di reggere sbalzi termici molto maggiori che la stessa pianta ma coltivata in vaso. Infatti spesso e volentieri le piante in vaso soffrono di ciò che viene definito ‘’midday depression’’. Una sorta di meccanismo di protezione, perché la pianta non ce la fa a disperdere efficacemente il calore. Anche se i tessuti sono idratati, i rami tendono ad appassire per un breve periodo, per poi re-distendersi quando la capacità di raffreddarsi glielo permette, ovvero quando il sole va giù. Infatti questo fenomeno ha luogo proprio nelle ore più calde ed assolate del giorno, dove l’azione congiunta di aria calda e radiazione elettromagnetica intensa affatica molto la pianta.
A pochi metri di profondità la temperatura rimane molto più stabile che in superficie e se vi è abbastanza acqua, come solitamente accade, la pianta riesce ad avere una ''riserva di scambio termico’’. Se troppo caldo, cede calore al substrato. Se troppo freddo, assorbe calore dal substrato. Conoscere questi meccanismi, permette di poter fare le giuste considerazioni e ottimizzare il proprio cultivo in qualsiasi ambito.

La temperatura gioca un ruolo ESSENZIALE nell’esistenza, dal più stupido granello di materia, al più complicato sistema biologico. Per questo è il primo fattore da considerare quando si coltiva. Non fate mai l’errore di sottovalutare la temperatura. Sfruttate le proprietà degli elementi e la tecnologia esistente per favorire la giusta temperatura interna ed avrete creato LA BASE indispensabile per ottimizzare il vostro cultivo.
Non avrei speso così tante parole per trattare questo argomento se non fosse importante. Prima di scegliere i fertilizzanti, la genetica, le attrezzature varie….si devono analizzare le condizioni ambientali. La temperatura è il primo parametro da analizzare ed in base a questo scegliere anche quale genetica coltivare e quale attrezzatura si rende più necessaria.


Bene, abbiamo trattato della temperatura e abbiamo visto come sfruttarla a nostro favore. Ora bisogna analizzare un altro parametro fondamentale che rientra nelle condizioni ambientali. L’umidità ambientale ed il rapporto che essa ha con la pianta. Forse non è tanto importante quanto la temperatura, ma rimane un fattore essenziale da analizzare per avere il miglior risultato.
 

noreason

Natural born Grower
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Umidità Relativa RH%

L’umidità, quella che trovate espressa in % con l’acronimo RH (Relative Humidity) è un valore scaturito da due fattori. La quantità d’acqua presente nell’aria e quanta acqua quell’aria può mantenere (prima che cominci a formarsi la nebbia per capirci, momento in cui l’umidità arriva al 100% e il vapore diventa visibile).

E’ importante capire questo concetto, perché il fatto che l’aria possa mantenere altra acqua (sotto forma di vapore acqueo) oltre a quella che è naturalmente presente nell’aria, permette alla pianta di traspirare.
La traspirazione è un meccanismo tanto semplice quanto essenziale per una pianta. La sua funzione primaria è raffreddare la pianta, ma non si limita a questo.

Se l’aria non può mantenere altra acqua, ovvero c’è il 100% di umidità, la pianta non potrà cedere acqua all’aria attraverso le foglie facendola evaporare, perdendo così completamente la capacità di traspirare e quindi di raffreddarsi attraverso il meccanismo più importante che la natura gli ha dato.
Ovviamente il 100% di umidità è raro, ma l’esempio serve a chiarire le idee.

Ciò che regola la capacità della pianta di traspirare in ambito tecnico è chiamato VPD (Vapour pressure deficit) ed è più o meno quello che vi ho spiegato molto sommariamente.
Esiste una tabella unica che mostra quali sia il livello di umidità migliore ad una data temperatura per favorire la traspirazione di una pianta.
La temperatura torna a giocare un ruolo importante, perché aria più calda, vuol dire che può mantenere più acqua prima di arrivare al 100% RH.
Viceversa aria più fredda vuol dire meno acqua prima di arrivare al 100% RH.
Per questo si chiama umidità relativa, perché il suo valore contempla (è relativo) anche la temperatura e non solo la quantità d’acqua.

Favorire la traspirazione è un passo fondamentale per ottimizzare il proprio cultivo. Da sempre leggo sui forum che in vegetativa l’umidità deve essere alta e in fioritura bassa, attribuendo valori di umidità sparati un po’ alla pene di segugio senza predersi la briga di spiegare. Comprendere il meccanismo che vi è alla base è necessario per ottenere i risultati migliori.
In realtà non cambia assolutamente nulla tra vegetativa e fioritura. La pianta può essere alta 10 cm o 3 metri, appena nata o in fioritura avanzata. La traspirazione funziona sempre allo stesso modo (ricordate la tabella unica?).
Per favorire la traspirazione bisogna attenersi a quella tabella, altrimenti la pianta mette in atto dei meccanismi di difesa rallentando il suo metabolismo.
Ovviamente favorire la traspirazione in fioritura aumentando l’umidità ambientale quando le piante sono in uno stadio avanzato di fioritura ed i fiori sono compatti rappresenta un rischio certo di attacco da parte della botrite. Ma finché non vi sono le condizioni per lo sviluppo della botrite, ovvero i fiori non si sono ancora ‘’chiusi’’ e traspirano bene, è meglio favorire la traspirazione seguendo la tabella, anche se a prima vista i valori potrebbero sembrare strani.

La traspirazione è una funziona biologica che la pianta DEVE svolgere ad un tasso il più elevato possibile per favorire un risultato ottimale. A parità di temperatura, maggiore è la traspirazione, maggiore è la salute di una pianta.

Ciò che vogliamo assolutamente evitare è la condensa. Se essa si forma, la pianta non traspira, è un segno di qualcosa che non va. Solitamente troppa umidità. Purtroppo a volte, anzi spesso, la condensa si forma senza che ve ne rendiate conto, per brevi periodi, spesso di notte quando l’umidità sale a causa dell’abbassamento della temperatura ambientale. E’ la principale causa che crea le condizioni ottimali per lo sviluppo della botrite. Per evitarla, bisogna far riferimento al punto di rugiada. Il valore di temperatura oltre il quale l’aria non riesce più a mantenere legato a sé il vapore acqueo e si forma la condensa.
Se osservate la tabella del ''punto di rugiada'' noterete come in alcuni casi questo sia facilmente e pericolosamente raggiungibile a luci spente, in paricolar modo se l’umidità era alta durante le ore di luce.

Conoscere tutto ciò, serve a favorire la traspirazione e nel contempo evitare la botrite, piaga di tutti i coltivatori di tutto il mondo. Si può favorire la traspirazione di piante in fioritura durante il giorno, basta ricordarsi di evitare assolutamente la condensa. Le piante ne giovano, il metabolismo accelera, e la muffa non compare (almeno per questo motivo).

Comprendere il ruolo dell’umidità, il valore VPD, il fenomeno di condensazione ed il valore del punto di rugiada, sono anche questi concetti BASILARI da conoscere per ottimizzare il proprio cultivo ed evitare errori.

Ora, ritorniamo per un momento al discorso ‘’efficienza termica’’. Anche se l’acqua trasmette il calore molto più velocemente, anche l’aria fa la sua parte. Tutti noi abbiamo provato la sensazione del vento sul nostro corpo e tutti noi sappiamo che pur essendo sempre vento, questo può essere fresco e piacevole (se fa caldo e ci rinfresca ad esempio) oppure caldo e piacevole ( lo scirocco in inverno) oppure può essere freddo e umido, oppure ancora caldo e umido. Insomma, il vento è sempre aria che si muove, ma a seconda di temperatura ed umidità può favorire il benessere o affaticare un organismo.
Lo stesso vale con le piante. Aria umida = maggior scambio termico. Aria secca = minor scambio termico. A seconda della fase di vita della pianta e della temperatura si può regolare l’umidità in modo da favorire o sfavorire lo scambio termico a nostro vantaggio, il tutto per influenzare la temperatura interna della pianta.

Anche se non molto in dettaglio, credo che anche il discorso sull’umidità relativa sia concluso. Più o meno, le nozioni fondamentali, quelle importanti da conoscere sono state trattate. A questo punto non resta che spostarci ad un altro argomento: L’ossigeno.
 

noreason

Natural born Grower
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Ossigeno

Sicuramente la maggior parte di voi avrà sentito parlare o avrà letto che la pianta necessita di ossigeno per vivere, affermazione assolutamente veritiera, ma anche qui spesso noto confusione, esclusivamente per la mancanza di nozioni basilari di chimica/fisica che sono necessarie per comprendere il funzionamento della pianta relativamente all’ossigeno.

Cominciamo con affermare che l’ossigeno è per sua natura il comburente (cioè quello che reagisce con un carburante) nella maggior parte di quelle reazioni chimiche che noi identifichiamo come ‘’fuoco’’. Alla base del fuoco vi è un fenomeno chiamato ossido-riduzione, fenomeno che in realtà è comunissimo, perché l’ossigeno per sua natura tende ad ossidare qualunque tipo di ‘’substrato’’ che glielo permetta, cioè interagisce con la materia ed è presente praticamente ovunque sulla superficie terrestre. Ogni qualvolta avviene una reazione di ossido-riduzione viene rilasciata energia (nel fuoco è palese il calore, ovvero energia termica).

Bene, lo stesso identico fenomeno, anche se con delle differenze ovviamente, avviene negli esseri viventi. E’ il fenomeno alla base della creazione di energia che ci serve per assolvere le funzioni biologiche di cui necessitiamo per vivere. Ogni qual volta che inspiriamo, cioè facciamo si che dell’aria entri nei nostri polmoni, una parte dell’ossigeno che compone quell’aria verrà assorbito dal sangue (dall’emoglobina se non erro) e servirà proprio da comburente per ossidare uno o più ‘’substrati’’ (solitamente zuccheri, quindi carbonio sostanzialmente). Con questo meccanismo viene creata energia spendibile successivamente, racchiusa chimicamente in una molecola di adenosinatrifosfato, comunemente chiamata ATP e nel contempo viene prodotto calore perchè questo tipo di reazione è esotermica, per sua natura sviluppa energia termica.
Le piante funzionano allo stesso modo…più o meno. Non avendo i polmoni come altri animali, sfruttano le proprie radici per assorbire ossigeno. Quell’ossigeno una volta entrato nella pianta, sarà trasportato nei luoghi in cui avverranno le reazioni di ossido-riduzione e conseguente produzione di energia sotto-forma di ATP.
Questo processo, importantissimo da comprendere ai fini dell’ottimizzazione del cultivo, viene chiamato ‘’respirazione cellulare’’.

Per essere il più chiaro possibile e mettere in risalto l’importanza della respirazione cellulare userò un esempio. Molti di noi, sono o saranno stai più o meno appassionati di motori. Anche qui, la reazione alla base del funzionamento di un motore, è l’ossido-riduzione, dove la benzina, il diesel, il metano etc(carburante)…vengono combinati con dell’ossigeno (comburente) e fatti reagire, generando energia.
I normali motori cosiddetti ‘’aspirati’’ non fanno altro che fornire al motore una quantità standard di ossigeno che è quello presente nell’aria a pressione standard.
I motori ‘’turbo-compressi’’ sfruttano una tecnologia che permette di accrescere la quantità di ossigeno fornito al motore, con conseguente sviluppo di maggiore energia, comprimendo l’aria.
I motori alla Fast&Furious, con quelle belle bombole blu anodizzato con la scritta rossa ‘’NOS’’ non sono altro che motori a cui viene fornito ancora più ossigeno, contenuto nel protossido d’azoto che si trova nella bombola.

Come avrete capito da soli, maggiore è la quantità di ossigeno, maggiori sono le prestazioni di un motore. Bene, la pianta funziona sfruttando lo stesso principio. Maggiore è la quantità di ossigeno, maggiore sarà il suo metabolismo.

Un’auto a cui viene fornito NOS deve essere per forza ri-calibrata nell’erogazione di carburante. Maggiore ossigeno = maggiore carburante da ossidare, altrimenti il motore arriva addirittura a spegnersi.
Una pianta a cui viene fornito maggiore ossigeno, necessita di maggiori nutrienti, perché questi (grazie alla fotosintesi) servono a creare il substrato da ossidare (carburante). Se i nutrienti non vengono adeguati al maggiore apporto di ossigeno, la pianta inizierà a prelevare i nutrienti dalle riserve accumulate nei tessuti se può, solitamente nelle foglie. Noi coltivatori in questo caso, noteremo la classica carenza, con foglie che ingialliscono, necrosi di vari generi, appassimento etc…

Per cui, la quantità di ossigeno è direttamente correlata ai nutrienti richiesti. Maggiore è la quantità di ossigeno, maggiore sarà la richiesta di nutrienti, fino ad incontrare un limite che è rappresentato dalla quantità di luce in primis e poi da un altro limite rappresentato dalla CO2. Se la quantità di luce e quindi la quantità di energia che viene destinata alla fotosintesi aumenta, i nutrienti richiesti dalla pianta saranno ancora maggiori.

Per cui riassumendo, ossigeno, nutrienti e luce sono collegati tra loro. Più ossigeno = maggior richiesta di nutrienti. Più luce = maggior richiesta di nutrienti. Più CO2 = maggiore richiesta di nutrienti ma solo se vi è abbastanza luce.

Avere tanta luce e poco ossigeno vuol dire assicurarsi un raccolto deludente, nonostante tanti W.
Avere tanto ossigeno e poca luce, renderà vana la maggiore quantità di ossigeno disponibile per la pianta, anche se di sicuro non fa male, anzi, assicura comunque alla pianta le migliori condizioni di crescita. Accade esattamente lo stesso per la CO2. Avere tanta CO2 ma poca luce, è uno spreco perchè la pianta non utilizzerà quel carbonio per fissarlo, visto che non vi è ababstanza energia luminosa per farlo.

Direi che l’importanza dell’ossigeno è chiara. Ora analizziamo la respirazione cellulare. Questa avviene sempre, da quando la pianta nasce e per il resto della sua vita. Questo meccanismo non cessa mai, proprio come noi non smettiamo mai di respirare. Sia di notte che di giorno.
L’ossigeno entra nelle radici (non dalle foglie) e viene usato per ossidare degli zuccheri (non solo) per creare energia (ATP).
E’ stato provato che nelle ore di buio le piante aumentano il loro tasso di respirazione cellulare, accumulando energie per le ore di luce successive. Per cui, durante la notte le piante sfruttano maggiormente l’ossigeno contenuto in esse. Favorire l’assorbimento di ossigeno durante la notte, ad esempio ricambiando spesso l’aria con aria fresca che contiene maggiore ossigeno ed evitando di irrigare prima dello spegnimento delle lampade, è uno stratagemma a volte molto semplice che permette di ottimizzare il cultivo.

Importante è capire anche che le radici non possono essere esposte all’aria direttamente o per molto tempo, altrimenti tendono a perdere la capacità di assorbire nutrienti, diventano dure e lignificate. Le radici devono rimanere SEMPRE umide. L’acqua deve essere sempre presente.
Alcuni di voi si chiederanno come mai hanno letto da qualche parte che la cannabis resiste bene alla siccità, che anzi dei periodi di secca fanno bene etc….tante cose sono vere, ma la teoria di base resta sempre valida. L’acqua permette alle radici di rimanere efficienti nell’assorbimento di nutrienti, ma è l’acqua stessa a causare ristagni con conseguente abbassamento del livello di ossigeno.
Mantenere le radici perennemente idratate e nel contempo aumentare il livello di ossigeno disponibile è la chiave per un cultivo di successo.
Il substrato deve essere umido, mai troppo bagnato e mai troppo secco. Meglio tante piccole irrigazioni, sufficienti ad inumidire UNIFORMEMENTE tutto il substrato, piuttosto che poche irrigazioni dove l’acqua resta nel substrato per tanto tempo.
Meglio un vaso piccolo da irrigare 10 volte al giorno, che un vaso grande da irrigare una volta ogni 10 giorni.
Nel primo caso le 10 irrigazioni forniscono sempre acqua ma mai troppa e nel contempo anche ossigeno (l’ossigeno è anche disciolto naturalmente in acqua).
Nel secondo caso, i 10 litri di acqua perderanno ben presto l’ossigeno contenuto e la pianta ne soffrirà, perché dovrà aspettare molto tempo prima di poter avere nuovo ossigeno in gran quantità. Inoltre, come spesso accade, il panetto di terra o di fibra di cocco, tende ad asciugarsi più velocemente nella parte superiore, creando uno strato povero di radici e non sfruttato. Quando capita, fate in modo di inumidire il primo strato, spruzzando un po’ di acqua o versandocene un po’. In questo modo le radici colonizzeranno anche quella parte. Il substrato deve essere un luogo perfetto alla crescita delle radici e le radici necessitano di un ambiente umido ed aerato. Per questo i sistemi areoponici sono tra i sistemi che permettono di avere una crescita più rapida. Coniugano perenne umidità (100%) con una massiccia dose di ossigeno, stimolando il metabolismo al massimo.

Ogni sistema e tipologia di cultivo ha le sue peculiarità e quindi anche il suo apporto di ossigeno per le radici delle piante. Solitamente i sistemi areoponici sono i più performanti. Poi vengono i sistemi idroponici di vario genere. Ognuno con i suoi pregi e difetti. Infine viene la coltivazione classica in vaso, dove la quantità di ossigeno è solitamente ridotta rispetto agli altri sistemi. Nessun sistema è migliore di un altro. Ognuno ha la sua ‘’filosofia’’ alla base, non voglio dilungarmi su quale è il migliore e perché. Conoscendo però come l’ossigeno interagisce con la pianta, si può favorire il metabolismo di quest’ultima con pochi accorgimenti, ottimizzando il proprio cultivo.


Bene, vi sarebbero altri punti da trattare, quali la luce, la CO2, i fertilizzanti. Sarebbe bello e costruttivo vedere questo thread diventare una vera e propria discussione tra utenti e non solo un banale post informativo. La nozionistica serve a poco…..c’è bisogno del ragionamento. Aggiungete informazioni, critiche, correzioni, punti di vista, esperienze, domande, quello che vi pare. Magari con qualche sforzo si potrebbe aumentare il livello della conoscenza di massa del forum sugli aspetti basilari della coltivazione da un punto di vista biologico, cosa necessaria per avere ottimi risultati soprattutto per i novizi. Certo, c’è chi ha il pollice verde ed ottiene ottimi risultati senza conoscere nulla, ma perché non provare a migliorare?

Passo la palla a voi, green vibes!
 
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noreason

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CO2

La CO2, conosciuta anche come anidride carbonica, biossido di carbonio etc, è una molecola presente naturalmente nell’aria in basse percentuali. Il suo valore si misura in percentuale (%) o in parti per milione (ppm).
Rappresenta per il mondo vegetale la FONTE PRIMARIA di carbonio, elemento essenziale alla base della vita. Come ho scritto anche in precedenza, la pianta è un essere vivente che rende organico il carbonio atmosferico, proprio quel carbonio contenuto nella molecola di CO2. Per questo motivo la CO2 è molto importante, così come lo è conoscerne l’interazione con la pianta.

Cercando di essere chiaro e comprensibile, la CO2 viene utilizzata dalla pianta solo ed esclusivamente in presenza di luce. La luce, è l’elemento INDISPENSABILE per far si che il carbonio venga assorbito dalla pianta al fine di produrre quegli zuccheri che serviranno da ‘’substrato’’ da ossidare per ottenere energia.
Per cui, assorbimento di CO2 e quantità di luce sono direttamente correlati (vedi fotosintesi). La CO2 è un gas e la pianta è in grado assorbirla grazie a delle aperture che si trovano soprattutto nella pagina inferiore delle foglie, che vengono chiamate stomi. La CO2 non viene assorbita dalle radici, ma dalla parte aerea della pianta. Le pasticche di CO2 da sciogliere nella soluzione nutritiva lasciatele a chi cerca di venderle.

La maggior parte di voi saprà che ci sono coltivatori che usano addizionare CO2 nell’ambiente di coltivazione al fine di aumentare il metabolismo della pianta ‘’forzando’’ il carbonio ad entrare nella pianta in maggior quantità. Ma come ho scritto in precedenza, non basta che vi sia solo più CO2 nell’ambiente, ma serve anche la luce. Per questo, l’uso di CO2 addizionale risulta essere una valida tecnica per incrementare la crescita delle piante solo ed esclusivamente in presenza di un’adeguata fonte luminosa. Non ho valori di riferimento, ma per essere un minimo chiari, con 400W a metro quadro è praticamente inutile pensare di vedere grandi risultati. Con 600W a metro quadro si possono cominciare ad osservare i primi veri incrementi del tasso di crescita, che porta infine ad un raccolto maggiore.
La maggiore intensità della radiazione luminosa concentrata nello stesso spazio, permetterà alla pianta, in concomitanza con un adeguato livello di CO2 di avere un tasso di fotosintesi maggiore, con conseguente produzione maggiorata di zuccheri che porta ad una maggior sviluppo di energia e per finire ad una maggiore produzione di materia organica, vuoi che siano foglie, radici, semi, fiori, resina, cannabinoidi e tutto quello di organico di cui una pianta è composta.

Non si dia per scontato però che basta avere tanti W e tanta CO2 per avere il massimo dal proprio raccolto. Non è così. Assolutamente non è così. Nel peggiore dei casi, si potrebbe avere addirittura una diminuzione del raccolto se altri parametri fondamentali quali nutrienti, ossigeno, acqua e quindi traspirazione non fossero correttamente inseriti nella coltivazione.
Cerco di spiegarmi meglio: il tutto ruota intorno al metabolismo, che è influenzato da molteplici fattori come abbiamo visto. Se tra 5 ipotetici fattori fondamentali, ve ne è solo uno che non è ottimizzato, allora ne risentirà tutto il metabolismo, rendendo vane le ottimizzazioni degli altri fattori.
Solo nel momento in cui tutti i fattori fondamentali che regolano il metabolismo della pianta sono ottimizzati, il nostro cultivo sarà davvero ottimizzato.
E’ sbagliato considerare parametri come temperatura, umidità, co2, luce, fertilizzanti etc… come fattori a sé stanti. Tutto, ogni singola variazione incide sulla riuscita di un cultivo.
Ad esempio, grower X ha la sua bella growbox, con le sue belle piante. Tutto va per il meglio, temperatura, fertilizzanti, luci etc…. ma l’umidità di giorno è troppo bassa, lui lo sa ma non fa nulla, non crede sia necessario intervenire. Le piante verranno su uguale, probabilmente anche bene e grower X sarà contento e soddisfatto del suo risultato. Il concetto che sto cercando di passare è anche quello che dovete spingervi oltre, non fermarvi ad un risultato che ritenete soddisfacente, perché nella maggior parte dei casi quel risultato può migliorare con pochi e semplici stratagemmi, che prevedono solo l’uso dell’ingegno applicato a qualche nozione che prima magari non si aveva (ragionare).

Poi c’è chi ha il pollice verde, non guarda neanche l’umidità, guarda solo le piante, le capisce e si regola di conseguenza ottenendo ottimi risultati, ma non sono in tanti ad avere questa rara qualità, la tecnologia ci sta allontanando dal buon vecchio contadino, che per forza di cose era in simbiosi con le sue stesse piante, perché ci viveva attorno una vita intera. Oggi basta aprire un flacone di superorganicmegabiobloom, versarne un po’ in acqua e darlo alle piante. Semplice no? Vero. I pregi della tecnologia. Ma la medaglia ha sempre due facce….e forse l’altra è meglio lasciarla nascosta, perché è orrida. Occhio non vede cuore non duole...

Riprendendo il filo del discorso, nel post precedente ho scritto che la CO2 è un fattore, che rientra nella categoria delle ''Condizioni Ambientali’’, che gioca un ruolo meno importante di altri, quali ossigeno, luce, temperatura. Non vi è una vera scala di importanza, ma possiamo affermare che piante il cui metabolismo viene rallentato dal basso assorbimento di ossigeno ad esempio, non beneficeranno della maggior presenza di CO2. La quantità di ossigeno necessaria ad ossidare una maggiore quantità di zuccheri non viene raggiunta, per cui non vi è una maggiore produzione di energia, ovvero la maggiore CO2 è stata inutile.

A questo punto, come possiamo sfruttare la CO2 per ottimizzare il nostro cultivo? Sicuramente creare le condizioni ideali per la somministrazione artificiale di CO2 è una delle strade che porta ai risultati migliori. Ovviamente la stragrande maggioranza dei coltivatori non usa sistemi destinati a questo scopo.
La maggior parte dei coltivatori sfrutta per le proprie piante la CO2 naturalmente presente nell’aria. La concentrazione cambia leggermente a seconda della zona in cui si coltiva e da vari altri fattori che ne influenzano la presenza. Ad esempio vivere in un ambiente comunicante con quello di coltivazione è molto probabile che aumenti il livello di CO2 per le piante, derivante dalla respirazione degli animali, dai fornelli che bruciano gas, combustioni in generale etc…
Avere un ricambio d’aria con l’esterno, continuo o ad intervalli, incide fortemente sul valore di CO2 ambientale, ma in linea di massima se avete una growbox di medie dimensioni nel luogo in cui vivete, è altamente probabile che non vi sia bisogno di un ricambio d’aria con l’esterno per garantire alle piante CO2 a sufficienza (e anche oltre).
Piuttosto potrebbe esserci il problema esattamente opposto, un ricambio insufficiente che porta ad un abbassamento della quantità di ossigeno, che come abbiamo visto alla pianta serve sempre, in particolar modo nelle ore di buio.
Anche in questo caso un banale esempio può avere delle analogie, cioè respirare aria con basso contenuto di ossigeno e alto contenuto di CO2, come spesso accade in locali poco ventilati e affollati. Una stanza con 3 amici che fumano due canne con la finestra chiusa è sufficiente poiché in un’ora all’incirca il livello di ossigeno si abbassi così come la qualità dell’aria in generale, portando il nostro corpo ad avvertire (spesso inconsapevolmente) un senso di stanchezza, affaticamento, rallentamento dei riflessi. Non saprei come descriverlo bene.
Alle piante non accade questo, ma risentono di sicuro della qualità dell’aria. Per loro, il migliore ambiente che possono avere è quello in cui vi è tanto ossigeno e tanta CO2 (entro un certo limite). Per cui ricambi frequenti o continui con l’esterno assicurano sempre tanto ossigeno e mantengono il livello della CO2 pressoché stabile. Pochi ricambi fan si che diminuisca la quantità di ossigeno ma che aumenti la probabilità di avere più CO2.

Sfruttate ossigeno e CO2 per ottenere il meglio dal vostro cultivo in ogni situazione. A volte vi è la necessità di avere più ossigeno, a volte si può spingere un po’ di più la CO2. Sapere come agire è fondamentale per creare un ambiente il più confortevole possibile, solo sfruttando poche nozioni base, evitando di commettere errori di progettazione o banalmente di un timer di un estrattore impostato male e così via.

Anche per quanto riguarda la CO2 mi sembra che abbia trattato i punti salienti, quelli di cui non si parla molto o non si parla per nulla.
 
Last edited:
....... Sarebbe bello e costruttivo vedere questo thread diventare una vera e propria discussione tra utenti e non solo un banale post informativo. La nozionistica serve a poco…..c’è bisogno del ragionamento. Aggiungete informazioni, critiche, correzioni, punti di vista, esperienze, domande, quello che vi pare. Magari con qualche sforzo si potrebbe aumentare il livello della conoscenza di massa del forum sugli aspetti basilari della coltivazione da un punto di vista biologico, cosa necessaria per avere ottimi risultati soprattutto per i novizi. Certo, c’è chi ha il pollice verde ed ottiene ottimi risultati senza conoscere nulla, ma perché non provare a migliorare?

Passo la palla a voi, green vibes!


Ti reppo già solo per questa ultima considerazione !!! :tiphat:
 

naturale

Member
Veteran
ops, scusate l'intrusione ma dovevo festeggiare il 900 tesimo messaggio. :biggrin:




Quoto comunque tutto quello che ha scritto Nore, che non dice mai cazzate tanto per dire, eppoi se la sez Ita, è così evoluta e proprio grazie a Grower di questo livello, e non per merito mio o di Tanito. Scusa Tano se ti ho tirato in mezzo..:biggrin:

Ne ho preso atto, e mi sono iscritto al corso di specializzazione in ginecologia. Un po' fuori corso..ma c'è sempre tempo e voglia di imparare. Poi mi toccherà anche il corso di meccanica....ma quanti corsi mi aspettano :biggrin::biggrin:

Ciao Nore! :tiphat:
 

TANO

🍒TANITO🍒
Veteran
Moderator
..se la sez Ita, è così evoluta e proprio grazie a Grower di questo livello, e non per merito mio o di Tanito. Scusa Tano se ti ho tirato in mezzo..:biggrin:

Lo sai che quando hai ragione...hai ragione :tiphat:
Il Nore...ormai è mitico per me...grande persona,grande grower,grande in tutti i sensi...
SIMPLY THE BEST ...TANK YOU VERY MUCH NOREASON :tiphat:
 

Flowski

Spippaiolo
Veteran
Bella Nore ci voleva proprio un pò di chiarezza ! :biggrin:
Altro passo,quando parla il Nore tutti zitti e orecchie ben aperte !

Grazieeeeeeee.
 

noreason

Natural born Grower
ICMag Donor
Veteran
Vorrei discutere con voi di un aspetto della coltivazione.

Un'abitudine che spesso noto nei growers è quella di togliere le foglie vive o parzialmente vive dalle piante, al fine di incrementare l'areazione, far prendere più luce ai fiori togliendo quelle foglie che fanno da ''ombrello'' e vari altri ipotetici motivi.

Io non sono detentore della verità assoluta, però vorrei ragionare con voi su questo aspetto sfruttando qualche nozione base di biologia vegetale.

Una foglia, intesa come ''organo'' di un vegetale, nel momento in cui si sviluppa, richiede un costo energetico.

La pianta deve ''spendere'' ATP ed elementi essenziali per la creazione di quei nuovi tessuti che una volta messi assieme identificheremo come foglia.
Inizialmente il costo energetico è pari al 100%. Man mano che la foglia cresce in dimensione, fin da subito inizia a catturare luce e CO2, diminuendo la ''spesa energetica'' della pianta in termini di ATP.
Quando una foglia raggiunge all'incirca 1/3 della sua dimensione finale (questo dato potrebbe essere molto variabile, non ricordo la fonte e il contesto esatto, se qualcuno lo ricorda mi farebbe piacere saperlo :)) o comunque una X percentuale di sviluppo, la spesa energetica della pianta viene pareggiata. In questo esatto momento la pianta, non deve spendere più ATP per accrescere la foglia.

Continuando con lo sviluppo la foglia non rappresenterà più una spesa energetica, bensì un produttore energetico. Questo è il funzionamento BASE di una foglia, credo nella stragrande maggioranza delle piante.

A questo punto, dovrebbe essere scontato che eliminare una foglia viva o parzialmente viva, è come eliminare un piccolo motore che contribuisce alla creazione di energia. Non solo.

Le foglie sono nella stragrande maggioranza dei casi delle riserve di elementi essenziali intrappolati in molecole inorganiche ed organiche che nel momento di necessità possono essere usate dalla pianta per sopperire ad altre funzioni biologiche ''più importanti''.
Non per tutti gli elementi è così, quelli definiti ''immobili'' non possono più essere usati altrove. Analizzando il contenuto di una foglia secca sulla pianta, troveremmo sicuramente una parte di elementi essenziali in essa.

Riassumendo, togliere una foglia viva o parzialmente viva è come buttare via un pannello solare da un impianto fotovoltaico e nello stesso tempo buttare via una cella di una batteria che conteneva già una carica. Uno spreco totale insomma.

Il mio ragionamento fin qui è questo. Togliere foglie è uno spreco.

Ma allora perchè lo si fa?

Uno dei motivi principali credo sia per aumentare la ventilazione nella parte bassa delle piante, dove solitamente il flusso d'aria generato da un ventilatore posto sopra le piante, viene ostacolato dalla massiccia presenza di foglie che tendono a formare uno ''scudo'', una sorta di canopia come nelle foreste, che tende a creare due ''microclimi'' anche molto diversi tra loro.

Per cui, eliminando parte delle foglie che compongono quello ''scudo'' si riesce ad avere una ventilazione migliore nella parte bassa, in quanto il flusso d'aria del ventilatore riesce ad oltrepassare la barriera ''indebolita''. Nel contempo anche la luce, riesce a penetrare più in basso, raggiungendo tessuti (foglie, fiori, steli, tutto ciò che è verde) che prima non riusciva ad illuminare.

Analizziamo questi due punti salienti, ventilazione e luce.

La ventilazione della parte inferiore delle piante la si può ottenere montando uno o più ventilatori nella giusta posizione.
Per farlo bisogna avere lo spazio e per avere lo spazio necessario, bisogna prevederlo.
Così facendo il problema ventilazione non si pone, anche perchè la botrite, che è ciò che si cerca di evitare primariamente ventilando bene, non è solita attaccare le parti basse delle piante, piuttosto i fiori di generose dimensioni e compatti, che non lasciano passare l'aria al loro interno. Dove si trovano questi fiori? In alto, non in basso.
Per cui, la ventilazione della parte inferiore la si può prevedere a tavolino, eliminando la necessità di intervenire per eliminare foglie.

Ora analizziamo l'aspetto illuminazione.

Se tolgo delle foglie, ce ne saranno altre a ricevere quella luce.
Se questa è la condizione del proprio cultivo, la produzione di ATP non cala, perchè l'energia fornita dalla lampada trova comunque una foglia pronta ad accettarla.
Per cui eliminando delle foglie, si buttano via ATP (contenuta nelle foglie stesse) e parte delle riserve di una pianta, che in ogni caso è un qualcosa di negativo e non di positivo.

Ancora peggio il caso in cui, eliminando delle foglie, non ve ne siano altre pronte a sfruttare l'energia resasi disponibile. Un vero spreco. La produzione di ATP cala e non vi è modo di recuperare ciò che è stato perso. Il tutto si riassume in un più o meno elevato rallentamento del metabolismo, che a seconda della fase di vita di una pianta può corrispondere ad un minor tasso di crescita, o ad un minor tasso di produzione di fiori/resina/cannabinoisi/terpeni etc...

Se vi è meno energia, vi è meno energia per tutte le funzioni metaboliche. La pianta in toto ne risentirà.

Un altro motivo per cui a volte leggo che delle foglie sono state eliminate è per illuminare meglio i fiori e farli crescere di più.....e forse questo è il motivo che mi lascia più perplesso.
Mi chiedo come si possa pensare che un fiore sia meglio di una foglia per effettuare fotosintesi (la luce serve a quello). Non è intuitivo che già a partire dalla forma di una foglia, dal fatto che essa si orienta per ricevere la luce, dal fatto che è la cosa più verde che una pianta ha, essa sia più efficiente di un fiore nell'assorbire energia?

In effetti non credo che qualcuno pensi che un fiore sia più efficiente, credo che lo si faccia per motivi che sono l'imitazione (se lo faccio io che sono bravo allora lo farai anche tu solo perchè sono più bravo di te) e la scarsa conoscenza di biologia (se non te ne frega un cazzo non te ne si può fare una colpa).

Inoltre, effettivamente asportando una o più foglie e permettendo al fiore di essere illuminato meglio, questo crescerà effettivamente di più.
L'altro lato della medeglia però è che cresceranno di meno gli altri.
La pianta sa bene dove e come trasportare l'energia prodotta nelle foglie. Vi sono complessi sistemi all'interno di una pianta, tecnologie evolutesi in tante generazioni e generazioni e generazioni.....Ora non è difficile fare 2+2.

Concludendo, eliminare foglie vive o parzialmente vive è nella maggior parte dei casi qualcosa che va evitato. Vi possono essere situazioni in cui si rende necessario eliminare delle foglie, ma solitamente sono situazioni a cui non si sarebbe dovuti arrivare. Solitamente l'errore va ricercato altrove.

Negli anni ho provato a togliere foglie e lasciarle. A volte arrivando ad avere la growbox davvero fitta, dove in basso la luce delle lampade non arrivava per nulla. Creando davvero due climi separati!!! Davvero tante tante foglie e nel nel contempo i raccolti migliori, anche se magari quando fioriscono non è molto bello vedere milioni di foglie intrecciate che nascondono i fiori alla vista.

Nel contempo ho da sempre avuto problemi di botrite per via dell'umidità perennemente alta.

Mai, neanche una singola volta, ho avuto delle cime attaccate dalla botrite in basso, anche se intrappolate in mezzo a dieci foglie.
Contemporaneamente mi ritrovavo alcune cime tra le più alte e più grandi, perennemente ventilate 24/7 attaccate dalla botrite.

Inizialmente non l'avrei detto e non posso confermare che sia così per tutti, però questa è la mia esperienza.

Cosa ne pensate a riguardo? Qual'è la vostra esperienza in merito?

Green vibes :wave:
 

valledelvento

New member
Hola a tutti! intanto grazie a questo forum che mi ha permesso di iniziare a coltivare dentro casa per la prima volta!
in secondo luogo scrivo questo primo intervento su questa ottimo argomento così ben introdotto e che parla della pianta in sè e non come esclusivo mezzo!
vorrei aggiungere una domanda/ragionamento...
Ho la fortuna di essere cresciuto nel mondo agricolo (viti, piccoli frutti ecc.) e quindi non essere così distante dal mondo della coltivazione, quindi intervengo sulla questione biologica del pH. Ho notato in questi mesi di lettura che moltissimi coltivatori hanno cura stretta di questo parametro e quindi mi sono detto "inizia anche tu che c'è sempre da imparare", mi sono recato ad uno smart per prendere un prodotto per abbassare il pH (ph di casa 8,5) e direi per sbaglio ho letto i componenti di cui era composto.
in primis acido fosforico e poi quant'altro. Una pulce salutista mi ha allora fermato nell'acquisto e ho deciso di chiedere info ai miei che in campagna ci stanno sin dai primi passi!
Morale della storia: non conoscevano bene l'argomento ph, ma mio padre mi ha detto questa cosa che ho trovato illuminante: le uve di traminer qui da noi sono così rinomate perchè il terreno è molto meno produttivo rispetto alla pianura, quindi la vite produce meno frutto (anche la metà), ma il sapore è un altro mondo! visto che il ph più o meno alto (da quanto ho capito) permette o meno l'assorbimento radicale di alcuni nutrimenti mi sono detto:preferisco magari un 20-30% in meno di produzione e un erbetta con un gusto tutto particolare o andare di soluzioni tampone e standardizzare/peggiorare gusto e forse anche effetti? questo, per me, vale anche per la terra che vendono agli smart, che se è anche "biologicamente perfetta", io sono convinto che (qui parlo soprattutto per le coltivazioni outdoor) siam igliore qulla che trovo nel sottobosco delle mie zone preferibilmente con un pò di merda di vacca!!!
tutta sta prolissità per dire: una pianta coltivata in una zona x, per me necessita della terra e anche dell'acqua della zona x, perchè le trovo due cose collegate, e poi (almeno da me) sostiene stà tesi almeno cento anni di coltivazioni di uva senza alcun grosso problema ambientale (cosa che invece succede nelle zone in cui si forza la mano con espedienti chimici per poi magari ritrovarsi un vino di discreta qualità ma doppia quantità)!
che ne pensate??
ps, se ho detto cazzate o magari sono fuori tema eliminate pure!!
 

naturale

Member
Veteran
Troppe similitudini tra vegetali e motori. :biggrin:

Nonostante, la mia ignoranza letteraria sull'argomento in essere, la penso allo stesso modo. O meglio, ho sempre pensato che nella fase di vegetativa, potessi potare brutalmente, anche a forbice, per dargli eventualmente la forma voluta o solo per problemi di spazio o per sfizio.:biggrin: Però, una volta entrata in fioritura non ho mai tolto una foglia che non se lo meritasse veramente. Manco ho fatto mai pulizia del sottobosco. L'essere pigri a volte aiuta. :biggrin:

'Naltra cosa che penso, che la fase vegetativa fatta al meglio, sia un gran passo avanti per ottenere un buon raccolto. A volte bisogna saper swisciare :biggrin:.
 

naturale

Member
Veteran
Hola a tutti! intanto grazie a questo forum che mi ha permesso di iniziare a coltivare dentro casa per la prima volta!
in secondo luogo scrivo questo primo intervento su questa ottimo argomento così ben introdotto e che parla della pianta in sè e non come esclusivo mezzo!
vorrei aggiungere una domanda/ragionamento...
Ho la fortuna di essere cresciuto nel mondo agricolo (viti, piccoli frutti ecc.) e quindi non essere così distante dal mondo della coltivazione, quindi intervengo sulla questione biologica del pH. Ho notato in questi mesi di lettura che moltissimi coltivatori hanno cura stretta di questo parametro e quindi mi sono detto "inizia anche tu che c'è sempre da imparare", mi sono recato ad uno smart per prendere un prodotto per abbassare il pH (ph di casa 8,5) e direi per sbaglio ho letto i componenti di cui era composto.
in primis acido fosforico e poi quant'altro. Una pulce salutista mi ha allora fermato nell'acquisto e ho deciso di chiedere info ai miei che in campagna ci stanno sin dai primi passi!
Morale della storia: non conoscevano bene l'argomento ph, ma mio padre mi ha detto questa cosa che ho trovato illuminante: le uve di traminer qui da noi sono così rinomate perchè il terreno è molto meno produttivo rispetto alla pianura, quindi la vite produce meno frutto (anche la metà), ma il sapore è un altro mondo! visto che il ph più o meno alto (da quanto ho capito) permette o meno l'assorbimento radicale di alcuni nutrimenti mi sono detto:preferisco magari un 20-30% in meno di produzione e un erbetta con un gusto tutto particolare o andare di soluzioni tampone e standardizzare/peggiorare gusto e forse anche effetti? questo, per me, vale anche per la terra che vendono agli smart, che se è anche "biologicamente perfetta", io sono convinto che (qui parlo soprattutto per le coltivazioni outdoor) siam igliore qulla che trovo nel sottobosco delle mie zone preferibilmente con un pò di merda di vacca!!!
tutta sta prolissità per dire: una pianta coltivata in una zona x, per me necessita della terra e anche dell'acqua della zona x, perchè le trovo due cose collegate, e poi (almeno da me) sostiene stà tesi almeno cento anni di coltivazioni di uva senza alcun grosso problema ambientale (cosa che invece succede nelle zone in cui si forza la mano con espedienti chimici per poi magari ritrovarsi un vino di discreta qualità ma doppia quantità)!
che ne pensate??
ps, se ho detto cazzate o magari sono fuori tema eliminate pure!!

Ciao Valledelvento.

Essere contadini o meglio agricoltori industriali, non significa sapere coltivare. Anzi, l'ignoranza che regna nel mondo dell'agricoltura industriale, che è più mirata alla produttività/profitti, nonostante le vagonate di soldi che prima il governo e poi la comunità europea ha versato e versa dentro il portafoglio del "contadino", invece di trovare nuove soluzioni o investire una parte del denaro ricevuto in ricerca&sviluppo per migliorare l'agricoltura sia nel prodotto finale, ma soprattutto per salvaguardare il territorio visto che i terreni sono e stanno diventando più aridi del deserto del Shara. Non mi date nessuna garanzia di sapere.

La cannabis, con la coltivazione indoor in piccoli spazi, ha pescato informazioni dalle ricerche fatte per una agricoltura extra atmosferica. Per far ciò, anche il piccolo grower, per ottenere dei soddisfacenti risultati deve studiare e informarsi. Cosa che dovrebbe imparare anche l'agricoltura industriale, visto come ha ridotto i terreni. :tiphat:
 

valledelvento

New member
ehi naturale! non ho esattamente capito la risposta, il mio intervento voleva essere un interrogazione/discussione sul controllo del pH con i prodotti che si trovano agli smart, che a mio parere rasentano la tossicità! e visto il numero di coltivatori che mi pare usino questi prodotti, chiedervi se non fosse una pratica dico forse errata?! Poi sul fatto della coltivazione industriale hai tutto il mio appoggio, guarda, non sai le lotte che ci sono state dalle mie parti per far smettere ai contadini di usare rame e antimuffe! tutto perchè la testa funziona a dinari in sti ambiti! e per non parlare dei diserbanti! però posso assicurarti che di salvaguardia del territorio (almeno nella mia regione) si parla e ricerca moltissimo e le viti che ci sono qui sono ormai tutte a regime biologico (tanta forbice zero prodotti), poi resta il fatto che sempre monocoltura è... comunque, ti assicuro che se ci devi vivere (intendo proprio autosussistenza) fa di te un ottimo contadino e per i miei da bambini era questa la situazione, quindi sulle questioni di coltivazione prendo molto sul serio la loro esperienza, perchè c'è la letteratura e c'è la forbice!
 

naturale

Member
Veteran
ehi naturale! non ho esattamente capito la risposta, il mio intervento voleva essere un interrogazione/discussione sul controllo del pH con i prodotti che si trovano agli smart, che a mio parere rasentano la tossicità! e visto il numero di coltivatori che mi pare usino questi prodotti, chiedervi se non fosse una pratica dico forse errata?! Poi sul fatto della coltivazione industriale hai tutto il mio appoggio, guarda, non sai le lotte che ci sono state dalle mie parti per far smettere ai contadini di usare rame e antimuffe! tutto perchè la testa funziona a dinari in sti ambiti! e per non parlare dei diserbanti! però posso assicurarti che di salvaguardia del territorio (almeno nella mia regione) si parla e ricerca moltissimo e le viti che ci sono qui sono ormai tutte a regime biologico (tanta forbice zero prodotti), poi resta il fatto che sempre monocoltura è... comunque, ti assicuro che se ci devi vivere (intendo proprio autosussistenza) fa di te un ottimo contadino e per i miei da bambini era questa la situazione, quindi sulle questioni di coltivazione prendo molto sul serio la loro esperienza, perchè c'è la letteratura e c'è la forbice!

Non hai capito la risposta perchè io.. ho sorvolato la domanda. :biggrin:

Il PH down o up (sembra un ballo :biggrin:) è nocivo, chimico quasi cancerogeno? Boh, mi informo. Perchè lo si usa? Per abbassare il PH. visto che coltiviamo in spazii ristretti in modo completamente artificiale, abbiamo bisogno di controllare e nel caso cambiare alcuni valori per favorire il metabolismo della pianta, visto che non coltiviamo in piena terra su ettari e ettari di terreno.

La merda di vacca di oggi, ha gli stessi valori della merda di una vacca che viveva e cagava 100 anni fa, e quella di gallina o pollina? E l'acqua piovana, come è messa a sostanze chimiche? Mi odio perchè ho detto una cosa che non sopporto quando mi dicono: una volta era diverso. Si certo.

Oh, senza nessuna polemica..ma il grower casalingo, per me, è uno scienziato pazzo..di quelli simpatici e da ammirare e fa solo bene al mondo.
 
.........La merda di vacca di oggi, ha gli stessi valori della merda di una vacca che viveva e cagava 100 anni fa ..... Oh, senza nessuna polemica..ma il grower casalingo, per me, è uno scienziato pazzo..di quelli simpatici e da ammirare e fa solo bene al mondo.

Pin Pon : Naturale è atteso al Bar ... : Pon Pin :biggrin:

Doveva essere un 3D serio questo !!! :laughing:
 

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